Sempre più spesso ci capita di intercettare in conversazioni televisive oppure in qualche blog scientifico la combinazione di parole “interferenti endocrini“. Già il nome stesso non ispira grande fiducia, ma se aggiungiamo anche la possibilità, che dietro questi interferenti ci possano essere gravi danni agli organismi viventi, allora il quadro si fa ancora più preoccupante.
Anche se c’è tanta informazione in rete e non solo sugli effetti negativi di queste sostanze, c’è anche molta genericità, non essendo questi ancora del tutto catalogati e scientificamente comprovati come causa di diverse patologie. Perciò pensiamo sia il momento di fare il punto della situazione e capire cosa in realtà rappresentano questi interferenti endocrini.
Cosa sono gli interferenti endocrini
Con interferenti endocrini, denominati anche perturbatori, si fa riferimento ad una vasta categoria di molecole o insieme di sostanze che alterano la normale funzionalità ormonale dell’apparato endocrino. Le conseguenze legate a queste mutazioni funzionali, possono causare tumori, difetti alla nascita, alterate capacità riproduttive e altri disturbi dello sviluppo.
Questi perturbatori quindi, sono sostanze che possono interferire con la sintesi, la secrezione, il trasporto, l’associazione, l’azione, o l’eliminazione degli ormoni naturali del corpo, responsabili dello sviluppo, del comportamento, della fertilità, e del mantenimento dell’omeostasi cellulare.
Dove si trovano e quali sono queste sostanze? Un po’ dappertutto, ma in particolare in prodotti di uso comune, che vengono principalmente dall’industria cosmetica, alimentare e poi da altre tipologie. Proviamo però a riassumere quelle sostanze che più comunemente troviamo in prodotti di più largo utilizzo:
- propylparaben e il butylparaben, usati come conservanti in molti prodotti cosmetici, sia a risciacquo, come shampoo e docciaschiuma, sia destinati a rimanere a contatto con il corpo, come creme e deodoranti;
- un filtro solare diffusissimo, l’ethylhexyl metoxycinnammate (anche detto OMC) usato non solo nelle protezioni solari veri e propri ma anche in altri prodotti, come i burri cacao o creme viso;
- il bisfenolo A, oggi vietato nei biberon, è utilizzato per la produzione di plastiche e resine ed è possibile rilevarlo nei cibi in scatola, poiché il rivestimento interno delle lattine può contenere questa sostanza; inoltre, è presente anche negli scontrini della spesa;
- composti perfluorati, quali Pfos e Pfoa, utilizzati, ad esempio, per rendere impermeabili a grasso e umidità gli imballaggi di carta e cartone usati dalle principali catene di fast food. Oppure, per rendere idrorepellenti e antimacchia tessuti, scarpe, tappeti;
- gli ftalati, sostanze chimiche utilizzate per ammorbidire le materie plastiche. La legge li tollera solo in dosi molto basse nei giocattoli per bambini sotto i 3 anni, che i piccoli masticano e succhiano volentieri, anche se i più rischiosi sono quei prodotti, come i tappetini-puzzle, che i bambini finiscono comunque per mettere in bocca.
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